giovedì 28 gennaio 2010

Conferenza con i Tuareg

Noi alunni delle classi terze, venerdì 22 gennaio, abbiamo vissuto un momento davvero molto avvincente perché presso l’Aula Magna della nostra scuola, abbiamo incontrato una guida Tuareg di nome Hibrahim, che vive nel deserto del Mali.
Ci ha presentato il suo popolo soprannominato “uomini blu” perché indossano un caratteristico turbante blu scuro “il Taghelmoust”, simbolo dell’identità Tuareg. E’ un velo che serve a riparare il viso dal vento, dal sole e dalla sabbia del deserto che a causa dello sfregamento sulla pelle sudata, fa diventare la cute bluastra.
I Tuareg hanno una propria lingua ed un proprio alfabeto. Recentemente sono stati riconosciuti dall’ONU come “un popolo autoctono”.
Sono nomadi anche da fermi, perché - come ha scritto qualcuno - "L'essere nomade è un modo di vivere, ma anche un modo di pensare".
"Solo quando viaggiamo nel deserto ci sentiamo davvero felici", affermano i Tuareg. "Una casa, una vera casa di pietra o mattoni, è come una tomba. Si può anche vivere qualche volta sotto una tenda, ma la cosa migliore per noi è dormire sotto un tetto di stelle".
Sono stati gli arabi ad attribuire il loro nome Tuareg che significa “abbandonati da Dio” poiché non volevano sottomettersi all’Islam, ma loro preferiscono definirsi uomini liberi, "figli del vento e delle stelle”. Padroni incontrastati della zona sahariana. Questo popolo ha trasformato il deserto del Sahara nella culla di una cultura affascinante che si è mantenuta praticamente intatta nei secoli.

Nati liberi, vissuti nomadi, hanno imparato ad orientarsi tra le monotone lande del deserto con l’aiuto delle stelle, vivendo di pastorizia e del commercio di sale. Il silenzio ha insegnato loro ad “ascoltare il canto dello spazio”, a far tacere i mormorii dell’anima e a sentire gli spiriti dell’acqua e del vento.

Rigrazio chi ha voluto questo incontro perchè ci ha dato l’opportunità di conoscere la “civiltà della sabbia”.

Back il mito

scrittura.

1 commento:

Anonimo ha detto...

é un viaggio molto affascinante (anche se, purtroppo, virtuale!) quello di studiare le etnie che ancora non hanno risentito della contaminazione con civiltà progredite (dico "progredite" per convenzione). Anche avvicinare i Dogon del Mali, dicono sia un'esperienza unica. Ti auguro di poter conoscere realmente questi popoli africani!
Michi

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